Progetto “Alcol, meno è meglio”: risultati di un programma italiano di prevenzione per la riduzione dei consumi pro-capite basato su un approccio di comunità.
‘Alcohol, less is better’ project: outcomes of an Italian community-based prevention programme on reducing per-capita alcohol consumption
Vincenzo Bagnardi, Emanuele Sorini, Davide Di salvatore, Valentina Assi, Giovanni Corrao, Renzo De Stefani & Collaborative ‘Alcohol, less is better’ Group
Addiction, Vol 106, Issue 1, January 2011, pag. 102-110
Rivista disponibile c/o il Ce.S.D.A.
Da tanti anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha caldeggiato risultati di evidence anche sull’approccio di comunità che la stessa organizzazione ha sempre sostenuto come uno degli approcci con le migliori potenzialità di efficacia. Infatti anche se non numerosi sono presenti nella letteratura internazionale lavori incoraggianti su questo tema. Dal 1992 con il primo European Alcohol Action Plan dell’OMS è stato deciso di sviluppare un lungo disegno sperimentale prima di tutto utile alle famiglie per il cambiamento di stile di vita ed utile anche per un contributo scientifico a dimostrazione della fattibilità ed efficacia di questi interventi. Dopo 18 anni di lavoro i risultati sono arrivati anche attraverso questa pubblicazione che descrive la possibilità di ottenere una riduzione significativa dei consumi locali nel corso di 2 anni di lavoro in un determinato territorio con iniziative plurime nelle comunità interessate.
Abstract
Obiettivi: valutare i cambiamenti del consumo individuale dopo un programma di promozione della salute basato sull’approccio di comunità. Struttura del progetto e partecipanti: “alcol, meno è meglio” è una intervento sperimentale controllato. L’intervento ha adottato un approccio di comunità basato sul coinvolgimento attivo dei leaders delle comunità, delle figure istituzionali locali e delle organizzazioni di volontariato. Tra il 1999 e il 2006, sono stati portati a termine 10 progetti di micro-comunità che hanno coinvolto 123.235 abitanti con lo scopo di informare e sensibilizzare la comunità sugli effetti dannosi e rischiosi dell’alcol sulla vita sociale e sulla salute. Otto comunità sono state scelte come gruppi di controllo. La misurazione dei cambiamenti è stata valutata tramite la autodichiarazione dei consumi individuali prima e dopo l’intervento tramite un campione randomizzato di popolazione “intervento” (3382 persone) e di popolazione “controllo”(2644), tramite telefono e indagini postali.
Modelli di regressione lineare e log-lineare sono stati utilizzati per valutare le differenze tra il campione di intervento e quello di controllo.
Risultati: è stata osservata una riduzione significativa (p<0,001) dei consumi individuali autodicharati nel gruppo di intervento (-1,1 drinks/settimana) a confronto con il gruppo di controllo (+0.3 drinks/settimana). La riduzione è stata significativamente maggiore negli uomini rispetto alle donne (P per l’eterogenicità =0.016). Nei giovani (15-24 anni) il gruppo di intervento e di controllo ha mostrato risultati differenti (rispettivamente -0.4 drinks/settimana and +1.7 drinks/settimana). Conclusioni: un intervento coordinato di prevenzione basato sull’approccio di comunità può ridurre il consumo di alcol nella popolazione generale.
Parole chiave: consumo di alcol, valutazione, interventi di comunità, sperimentazione controllata, prevenzione, salute pubblica.
Introduzione
Il consumo di alcolici è uno dei principali determinanti di salute. E’ stato dimostrato che l’alcol causa approssimativamente il 3,6% della mortalità mondiale e raggiunge il 4,6% della morbilità globale. Sebbene le persone alcoldipendenti e i bevitori problematici siano ad alto rischio di problemi alcolcorrelati, una grande parte di problemi insorge in bevitori moderati o a basso consumo che rappresentano la maggioranza della popolazione. Di conseguenza per prevenire i problemi alcolcorrelati, gli interventi dovrebbero essere indirizzati all’intera popolazione invece che solo ai forti bevitori. In gran parte è il consumo totale di alcol che contribuisce principalmente al carico di malattie alcolcorrelate, sebbene si è riscontrato che anche le modalità di consumo sono un fattore che può influenzare alcune condizioni (per es. le malattie coronariche e gli incidenti). Di conseguenza una modalità per ridurre la prevalenza dei problemi alcolcorrelati e quella di ridurre i livelli medi di consumo di alcol.
Descrizione della ricerca
Nei paesi sviluppati, il consumo di alcol è difficile da ridurre per la sua endemicità e per la sua accettazione sociale. Come segnalato da Room et al. se è vero che gli approcci medici possono rispondere ai problemi alcolcorrelati, essi hanno bisogno di essere rinforzati da una interventi di salute pubblica basati su un approccio di comunità. Recentemente un numero di sperimentazioni basate su questo approccio sono state realizzate per ottenere una riduzione dei danni alcolcorrelati utilizzando una varietà di interventi e di strategie. Sebbene l’efficacia di questi approcci sia ancora in discussione, sono comparsi alcuni risultati incoraggianti. In uno studio quasi-sperimentale di prevenzione condotto in tre comunità negli Stati Uniti è stato osservato un significativo calo delle modalità di consumo ad alto rischio. In un programma di intervento di comunità in Svezia e mirato ai giovani, si è osservata una riduzione delle modalità di bere dannoso. Ambedue i progetti si basano su un approccio sistemico di comunità, definito da Holder come 1) occuparsi di una ampio range di comportamenti a rischio, 2) valutare l’intera comunità, 3) offrire interventi che possano condizionare l’ambiente sociale e promuovere i processi decisionali. Una parte cruciale dell’approccio e quello di lavorare affinchè la comunità e non tanto i ricercatori del progetto, assuma la responsabilità principale per l’implementazione del progetto stesso.
Comunque queste evidenze di efficacia non possono essere facilmente applicate alla popolazione mediterranea europea, poiché tutte le valutazioni dei programmi di prevenzione basati su un approccio di comunità sono state realizzate in Nord America, Nord Europa o Australia, territori che sono caratterizzati da differenti modalità di consumo di alcol e da differenti atteggiamenti culturali. In questa pubblicazione riportiamo i risultati a breve termine del progetto “Alcol, meno è meglio” un sperimentazione controllata basata sull’approccio di comunità condotta in Italia e finalizzata a ridurre il consumo medio di alcol nella popolazione generale.
Metodi
“Alcol meno è meglio” è un progetto di intervento controllato quasi-sperimentale (non randomizzato).
Programma di intervento
Il programma di intervento ha utilizzato un approccio sistemico di comunità basato sul coinvolgimento attivo dei leaders della comunità, delle istituzioni e delle organizzazioni di volontariato. Il principale obiettivo e stato quello di ottenere cambiamenti degli atteggiamenti nei confronti del “bere” nella popolazione studiata. Le comunità di intervento sono state identificate inizialmente dagli stessi sperimentatori. Una comunità è stata definita come una singola municipalità, una aggregazione legalmente riconosciuta di piccole municipalità o un quartiere cittadino che condivide servizi sociali, offerte scolastiche e di salute, centri di aggregazione giovanile e oratori. Ogni comunità non doveva essere superiore a 30.000 abitanti. Il progetto è stato successivamente proposto ad un gruppo locale composto da sindaci, rappresentanti locali dei servizi sanitari e delle associazioni di volontariato. Nessuna comunità ha rifiutato di partecipare. Il programma di intervento più dettagliato è stato poi definito in un gruppo di coordinamento, costituito dai membri “chiave” della popolazione, con lo scopo di coinvolgere e rendere responsabile la stessa comunità nella pianificazione dell’intervento. Il gruppo di coordinamento inoltre aveva il compito di realizzare gli interventi dal punto di vista pratico. Le azioni di intervento sono state realizzate in 2 fasi consecutive. Nei primi sei mesi sono state censite e contattate le organizzazioni di volontariato e pubbliche allo scopo di coinvolgerle nella realizzazione del progetto. Al termine è stata organizzata una task force, lo staff è stato formato e reso operativo e sono state pianificate le attività nel territorio. La seconda fase della durata di 2 anni ha previsto due diversi tipi di azione. La prima aveva lo scopo di raggiungere e informare la popolazione residente sugli scopi del progetto. In particolare sono state inviati pieghevoli della “Carta Europea sull’Alcol” alle famiglie residenti, sono stati organizzate feste analcoliche, altri eventi pubblici che promuovono stili di vita sani e sono state pubblicati articoli sui giornali locali. In alcune aree una unità mobile ha presenziato agli eventi pubblici con lo scopo di distribuire materiali informativi. Il secondo tipo di azioni, caratterizzate da un lavoro più intenso su target specifici, ha avuto lo scopo di sensibilizzare ed educare la popolazione in tema di problemi alcolcorrelati. Per i bambini e gli adolescenti sono stati realizzati incontri nelle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado, negli oratori e nelle associazioni sportive. Sono stati organizzati incontri anche con genitori, insegnanti, istruttori delle scuole guida, medici, rappresentanti delle forze dell’ordine, membri delle associazioni di volontariato e cittadini. Sono stati anche realizzati eventi analcolici e incontri nei centri anziani. Quando una comunità era rappresentata da più comuni, tutte le azioni sono state realizzate per l’intera comunità (per es. i residenti di un comune erano invitati ad una singola festa analcolica del territorio). Gli indicatori della valutazione di processo sono stati descritti nelle tabelle informative di supporto (vedi dettagli al termine della pubblicazione).
Disegno dello studio e campionamento
Tra il 1999 e il 2006, sono stati condotti i progetti di intervento in 10 comunità, coinvolgendo 123.235 abitanti. Sette comunità erano del Nord Italia (una in una area della provincia di Brescia qui abbreviata come BS, quattro nell’area Cremona CR1, CR2, CR3, CR4, e due nell’area Trento TN1 e TN2), due nel centro (area di Perugia, PG1 e PG2) e una nel sud (area di Salerno, SA). Ad ogni comunità di intervento sono state appaiate comunità di controllo utilizzando i seguenti criteri: 1) la stessa area geografica delle comunità di intervento, 2) non confinante con la comunità di intervento, 3) stessa struttura territoriale delle comunità di intervento (singoli comuni, oppure aggregazione di piccoli comuni legalmente riconosciuta, quartieri cittadini). Le comunità di intervento e le comunità di controllo sono state scelte contemporaneamente. Ai sindaci e ai rappresentanti del servizio sanitario delle comunità di controllo non è stato offerto il programma di intervento ma l’opportunità di una valutazione dello stato di salute della popolazione. Per motivazioni di ordine economico non è stato possibile selezionare un gruppo di controllo per 2 comunità (CR4 e PG2).
Una descrizione delle caratteristiche delle comunità di intervento e di controllo è riportata nelle schede informative di supporto (vedi i dettagli alla fine della pubblicazione). In ognuna delle comunità di intervento e di controllo un gruppo di persone al di sopra dei 15 anni è stato selezionato in modo casuale utilizzando le anagrafi comunali ed è stato successivamente valutato. In totale nel gruppo di intervento sono state selezionate 5623 persone che sono state comparate con 4560 persone appartenenti alle comunità di controllo. Una prima indagine è stata condotta in ogni coppia di comunità di intervento e di controllo durante il secondo trimestre del primo anno, prima dell’inizio delle attività di sensibilizzazione ed informazione (indagine basale). Per l’indagine è’ stato usato il questionario HSQ (Health Survey Questionnaire). L’uso di alcol è stato indagato attraverso una scala quantità/frequenza. In particolare sono stati raccolti i dati della frequenza del consumo (numero totale di giorni alla settimana negli ultimi 3 mesi) e della quantità del consumo (bicchieri in un giorno tipico di consumo di alcol) per tipo di bevanda alcolica (vino, birra, aperitivi, e superalcolici). Sono anche state raccolte informazioni sul consumo di sigarette e sull’attività fisica. Per ottenere un numero di risposte accettabile, è stato sviluppato un modello misto di valutazione utilizzando sia questionari postali che interviste telefoniche. Una copia del questionario è stata spedita ad ogni persona selezionata. Un mese più tardi è stata spedita una seconda copia del questionario alle persone non rispondenti. Dopo un altro mese, i rimanenti non-rispondenti sono stati intervistati telefonicamente. Le interviste telefoniche sono durate in media 6 minuti. Questo programma di valutazione ha prodotto una risposta del 70% e del 68% rispettivamente del campione di intervento e di controllo. L’insieme dei non rispondenti era leggermente più giovane dei rispondenti (età media 45 anni vs 47 anni) e più spesso di genere femminile (53,7% vs 51,5%). Durante il trimestre successivo alla fine delle programma di intervento, i rispondenti sono stati nuovamente intervistati utilizzando lo stesso modello misto e lo stesso questionario (indagine di follow-up).
Il tasso di risposta è stato 86% e 85% rispettivamente nel campione di intervento e in quello di controllo, raggiungendo così un totale di 5840 questionari con informazioni complete relative al basale e al follow-up (3382 schede delle comunità di intervento e 2644 schede delle comunità di controllo). La media dell’intervallo di tempo tra l’intervista prima e dopo l’intervento e è di 2,25 anni. Una copia del consenso informato è stata inserita nel questionario postale. Per le interviste telefoniche il consenso informato è stato ottenuto verbalmente. E’ stata assicurata a tutti gli intervistati la privacy.
Analisi dei dati
Il principale outcome dello studio di valutazione è stata la significativa differenza assoluta nel consumo settimanale di alcol tra l’intervista al basale e quella al follow-up. Il consumo totale settimanale di alcol (in grammi) è stato calcolato assumendo 15,7 gr di alcol per un bicchiere di 150 ml di vino, 17,6 gr. per una bottiglia di birra da 330 ml, 13,1 gr. per un aperitivo standard (75 ml) e 12,9 gr. per un superalcolico standard (40 ml). Il consumo totale di alcolici è stato convertito in numero di drink standard, assumendo un drink equivalente a 12 gr. di etanolo.
Le differenze tra le distribuzioni delle variabili continue e categoriche nei campioni di intervento e di controllo sono state valutate usando rispettivamente il test t di Student e il test c2 di Pearson.
L’efficacia dell’intervento è stata valutata calcolando la differenza della media del cambiamento del consumo individuale rispetto al basale tra il campione di controllo e quello di intervento, stimata con un modello di regressione lineare a intercette casuali.
La singola comunità appaiata (l’intervento e il suo controllo) è stata modellata come effetto casuale, al fine di tener conto dell’effetto cluster dovuto alla correlazione delle osservazioni all’interno di ogni comunità. Le due comunità di intervento non appaiate con un controllo sono state anch’esse considerate nel modello come effetti casuali. Il consumo di alcol al basale, il genere, l’età, l’abitudine al fumo, l’attività fisica e la modalità di risposta sono stati considerati nel modello come effetti fissi. Sono state condotte analisi stratificate per genere, classe di età, abitudine al fumo, attività fisica e modalità di risposta. L’eterogeneità dell’effetto dell’intervento tra gli strati è stata valutata includendo nel modello il relativo termine di interazione. Inoltre è stata condotta un’analisi delle transizioni tra categorie di consumo di alcol. Poiché la distribuzione del consumo era molto differente tra uomini e donne (consumo medio di 13.3 drinks/settimana nei bevitori uomini e 6.6 drinks/settimana nelle bevitrici), le categorie di consumo sono state definite in modo differente in accordo al genere e le analisi condotte separatamente. Modelli di regressione log-lineare sono stati utilizzati per valutare le differenze tra gruppo di intervento e gruppo di controllo nel rapporto tra la percentuale di soggetti passati a una categoria di consumo superiore e la percentuale di soggetti passati a una categoria inferiore. Tutte le analisi sono state condotte con il software SAS, versione 9.1 (Cary, NC, USA). Tutti i p-value riportati sono stati valutati a due code.
Risultati
Le caratteristiche dei soggetti con informazioni complete al basale e al follow-up sono presentati in tab. n° 1. I campioni di intervento e di controllo erano distribuiti in modo similare per genere, abitudini al fumo e attività fisica. Le persone del campione di intervento erano leggermente più giovani rispetto a quelle del campione di controllo (età media 46 anni contro 48 anni, P<0,001). La prevalenza di bevitori era simile tra i 2 campioni (58,3% contro 60,3%, P=0,11). La media del consumo di bevande alcoliche tra i bevitori era di 10,7 drinks per settimana nel gruppo di intervento e 10,5 drinks per settimana nel campione di controllo (P=0.52). La media del consumo al basale, tenendo conto anche dei non consumatori, era di 6,3 drinks alla settimana sia nel campione di intervento sia in quello di controllo (p=0.79). Il consumo medio procapite ha mostrato un incremento non significativo tra basale e follow-up nel gruppo di controllo (+0,3% drinks/settimana P=0,08), mentre un decremento significativo è stato osservato nel campione di intervento (-1,1% drinks/settimana P<0,0001) (fig. 1). La riduzione dei consumi pro-capite non è sostanzialmente mutata anche dopo aver escluso i 2 campioni di intervento senza controllo (-1,3 drinks/settimana). Nei giovani (15-24 anni) un forte incremento è stato osservato nel gruppo di controllo (+1,7 drinks/settimana) mentre nel gruppo di intervento il consumo è diminuito (-0,4 drinks/settimana). La fig. 2 mostra la differenza totale e quelle strato-specifiche tra il campione di intervento e quello di controllo nel cambiamento individuale medio nei consumi di alcol. Le stime sono state ottenute da un modello di regressione lineare a intercette casuali.
In ogni livello delle variabili di stratificazione considerate l’effetto dell’intervento è risultato essere statisticamente significativo, ad eccezione delle risposte poste/telefono. I risultati sono stati significativamente differenti tra uomini (-2.3 drinks/settmana) e le donne (-1.1 drinks/settimana) (p per l’eterogeneicità=0.016).
L’effetto è risultato inoltre essere maggiore tra le persone 15-24 anni (-2,3 drinks/settimana) anche se non differisce significativamente dagli effetti osservati nelle altre fasce di età (p per l’eterogeneità = 0,66). Una differenza significativa è stata invece osservata tra le categorie relative al tipo di risposta (P per l’eterogeneità <0.0001).
In 9 delle 10 comunità di intervento, la percentuale delle persone che hanno diminuito il loro consumo di alcol era maggiore della percentuale delle persone che avevano incrementato il loro consumo (fig.3), mentre in 6 delle 8 comunità di controllo la percentuale di persone che hanno aumentato i consumi era maggiore di quelle che avevano diminuito i consumi. In sei delle otto comunità con un gruppo di controllo appaiato il rapporto tra la percentuale di chi ha aumentato e di chi ha diminuito ha mostrato una differenza significativa (P<0,05) tra il campione dell’intervento e quello del controllo.
Discussione
“Alcol, meno è meglio” è un programma di intervento finalizzato alla riduzione dei consumi pro-capite nella popolazione generale. Esso adotta approccio sistemico di comunità, basato sul coinvolgimento attivo dei leaders della comunità e delle organizzazioni istituzionali e di volontariato. A breve termine l’intervento è associato ad una significativa riduzione del consumo pro-capite auto-dichiarato. Nessuna riduzione è stata documentata nel gruppo di controllo. Deve essere evidenziato che, poiché la valutazione era basata su uno stesso gruppo di persone intervistate nel corso del tempo, il ripetersi delle interviste potrebbe aver incrementato le conoscenze dei partecipanti in tema di comportamenti sani e potrebbe avere modificato artificialmente il comportamento delle persone. Comunque riteniamo che la presenza di un gruppo di controllo ha garantito una rigorosa valutazione di questa distorsione. Viceversa, le persone appartenenti alle comunità di intervento erano probabilmente informate sugli obiettivi del progetto al momento dell’intervista di follow-up, per cui non si può escludere la presenza nelle risposte ai questionari di distorsioni dovute alla “desiderabilità sociale”. Dopo la stratificazione per genere abbiamo osservato un maggiore cambiamento del consumo pro-capite negli uomini rispetto alle donne. E’ ampiamente documentato che gli uomini bevono più delle donne. Comunque le donne, ad uguali livelli di consumo, hanno maggiori probabilità di presentare problemi alcolcorrelati rispetto agli uomini, e di conseguenza è stato suggerito che le analisi condotte in questo ambito debbano tener conto di questa differenza di genere.
Inoltre abbiamo eseguito le analisi delle transizioni tra categorie di consumo di alcolici stratificate per genere; non è stata osservata nessuna differenza dell’effetto dell’intervento tra maschi e femmine. L’effetto dell’intervento è stato inoltre consistente nelle varie comunità, poiché in nove comunità di intervento la percentuale di persone che hanno ridotto i loro consumi era maggiore della percentuale di quelle che avevano aumentato. Tuttavia, nelle aree di Cremona, Perugia e Trento, questo risultato potrebbe essere stato favorito dal fatto che i programmi sono stati attivati in modo sequenziale rispettivamente in quattro, due e due comunità locali. Quindi un intervento iniziato in una comunità locale potrebbe avere influenzato altre comunità coinvolte più tardi (effetto di contaminazione) cosi che la reale esposizione al programma in queste ultime potrebbe essere stata superiore a quella prevista. D’altra parte, questo potenziale effetto di contaminazione dovrebbe portare a una sottostima degli effetti del programma, in quanto le persone avrebbero potuto iniziare a cambiare le loro abitudini alcoliche prima della data di inizio dell’intervento. E’ stato inoltre osservato che, generalmente, studi sperimentali di prevenzione secondo un approccio di comunità possono essere condizionati da cambiamenti più lunghi nel tempo come ad es. mutamenti nella tassazione degli alcolici, attenzione dei media a particolari effetti dannosi o benefici.
Inoltre nella popolazione italiana è stato documentato negli ultimi 10 anni una forte diminuzione del consumo di vino come conseguenza dell’urbanizzazione, dei cambiamenti nelle tipologie di lavoro, dei cambiamenti nell’organizzazione familiare e nell’organizzazione dei pasti. La considerazione di un gruppo di controllo è quindi essenziale per tenere conto degli andamenti del consumo di lunga durata. Nel nostro studio, a causa della breve durata di osservazione, non sono stati osservati trends significativi nelle comunità di controllo. In questo campione è stato però riscontrato nei giovani (15-24 anni) un significativo incremento dei consumi pari a 1.7 drinks/settimana.
Nel campione di intervento le persone che hanno risposto per telefono all’intervista di follow-up hanno riportato una maggiore riduzione del consumo pro-capite che non quelli che hanno risposto per posta. Le interviste telefoniche possono risentire con maggiore probabilità di due tipologie di distorsioni: la prima è quella che porta l’intervistato a fornire risposte ‘socialmente desiderabili’ quando interpellato su aspetti sensibili del suo stile di vita (social desirability bias), la seconda è la tendenza dell’intervistatore, che è a conoscenza degli obiettivi dello studio, a indirizzare, anche inconsciamente, le risposte dell’intervistato (investigator bias). Questi fenomeni potrebbero spiegare in parte i risultati ottenuti. Poiché nei gruppi di controllo è accaduto il contrario, una forte eterogeneità dei risultati si è osservata tra le diverse categorie di modalità di risposta. Probabilmente, nelle interviste telefoniche, le persone, stimolate a ricordare il consumo di alcol nella settimana precedente, hanno dato risposte più accurate rispetto a quelle che hanno risposto per posta. Se ciò è vero, l’effetto reale del dell’intervento può essere stato sottostimato in questo studio, in quanto la maggioranza delle persone ha risposto tramite posta sia al basale sia al follow-up. Comunque l’effetto dell’intervento rimane statisticamente significativo anche se si limita all’analisi delle sole persone che hanno risposto per posta ad ambedue i questionari.
La valutazione delle transizioni da una categoria di consumo a un’altra ha dimostrato che l’intervento ha avuto successo sia nel prevenire la progressione verso categorie a più alto consumo sia nell’incrementare la regressione verso categorie a più basso consumo, indipendentemente dalla categoria riportata al basale. Il nostro studio ha alcune limitazioni. La prima di tutte è che la randomizzazione non è stata utilizzata nella selezione delle comunità di controllo. Infatti contrariamente agli studi basati su interventi individuali, la randomizzazione è spesso non realizzabile in studi che prevedono interventi di comunità, a causa di fattori politici od organizzativi. Nel nostro studio la scelta delle comunità di intervento non è stata effettuata a priori e non si è basata su criteri geografici. Poiché ognuno dei ricercatori era responsabile del proprio budget, non sorprendentemente ha scelto le potenziali comunità di intervento vicino alla sua area di attività, così da poter usare le risorse umane e finanziarie già disponibili. Ogni comunità di intervento è stata scelta in base alla sensibilità da parte dei leaders delle comunità stesse verso gli obbiettivi del progetto, quindi sarebbe risultato difficile costruire ogni intervento solo sulla base del principio di randomizzazione. Questa potenziale distorsione di selezione potrebbe essere stata evitata selezionando molte più comunità che erano desiderose di partecipare, unirle a coppie, e assegnarle in modo randomizzato alle modalità di controllo o di intervento, con la promessa di offrire il programma alle comunità di controllo in una data successiva. Sfortunatamente i progetti sono stati finanziati su base locale ipotizzando un piano di lavoro triennale, così che non è stato possibile garantire il completamento del programma nelle comunità di controllo. Un secondo limite è che la sovra rappresentazione delle comunità di intervento nel Nord Italia (7 su 10) potrebbe compromettere la generalizzabilità dei risultati dello studio. Sfortunatamente, due progetti realizzati nel Centro e nel Sud Italia non sono stati completati per ragioni di tagli al budget e conseguentemente non sono stati inclusi in questo studio.
Un terzo limite è l’assenza di una più dettagliata informazione riguardo alle modalità di consumo alcolico, per es. occasioni di “binge drinking”, consumo di alcolici nei locali pubblici e consumi fuori pasto. Inoltre non è stato possibile stimare l’effetto dell’intervento sulla guida dopo aver bevuto, così come non è stato possibile raccogliere in modo accurato dati sugli incidenti stradali locali. Infine nella valutazione pre e post intervento non sono state raccolte informazioni sulle caratteristiche socio-economiche (ad es. istruzione e reddito) perciò non è stato possibile tener conto di questi fattori nelle analisi. Il nostro studio ha anche parecchi punti di forza. Questo studio è la più ampia sperimentazione controllata di un intervento di comunità condotto fino a oggi nel Sud Europa finalizzata alla riduzione dei consumi pro-capite nella popolazione generale. Essa ricopre diversi contesti geografici e socioculturali. Il grado di risposta alla valutazione è stato alto sia nei campioni di intervento che di controllo. Tutte le comunità selezionate hanno deciso di aderire al progetto, migliorando così la validità esterna dei risultati. Infine il progetto ha stimolato l’integrazione e il coordinamento tra i vari gruppi italiani di ricerca nel campo della promozione della salute e della prevenzione dei problemi alcolcorrelati. In conclusione il progetto “alcol, meno è meglio” suggerisce che un approccio sistemico di comunità può essere efficace nel ridurre, almeno nel breve periodo, il consumo pro-capite nella popolazione generale. Visto che esiste un forte legame tra consumo di alcol e danni alcolcorrelati, il relativo basso costo della realizzazione del programma, stimato in 1,2 € per abitante per le comunità di intervento, è indice di un programma accessibile ed efficace dal punto di vista dei costi. Come riportato in un recente appello all’azione per ridurre i rischi e i danni alcolcorrelati apparso recentemente su Lancet, “nonostante la chiara evidenza dell’importante contributo dell’alcol sul carico globale di malattia e sui considerevoli costi economici, l’attenzione sul controllo dell’alcol è inadeguata sia a livello internazionale che in molti paesi specifici. L’espansione della produzione di alcolici e del marketing sta producendo un incremento dell’uso di alcol sia nei mercati emergenti che nei giovani di paesi con un mercato dell’alcol già consolidato. Programmi accessibili ed efficaci dal punto di vista dei costi esistono e c’è il bisogno urgente di inserirli nella programmazione.”
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