ADOLESCENTI ASSASSINI: UNA PROSPETTIVA DI INTERVENTO

L’omicidio commesso da adolescenti si configura come un atto frequentemente privo di motivazioni strumentali, a cui di attribuiscono significati diversi a seconda delle teorie.

Nella prospettiva
Sociologica: può essere espressione di una sottocultura conflittuale;
Psicodinamica: si intende colpire un’altra persona mediante la vittima, di cui questa è sostituto simbolico;
Psicoevolutiva: può valere come affermazione della propria identità;
dell’Apprendimento sociale: è conseguenza di modelli di comportamento che considerano la violenza una modalità di risoluzione dei problemi;
Sociocognitiva: è conseguenza della mancanza di sistemi di autoregolazione interna e di patterns orientati a comportamenti prosociali.
Una caratteristica che accomuna gli autori di omicidi nelle differenti tipologie è la frequente mancanza di rimorso, la sottovalutazione dell’atto commesso e l’indifferenza nei confronti della vittima. A questo proposito occorrerebbe anche chiedersi quali siano le cause di tali manifestazioni che si attivano dopo la commissione del delitto, ma che in genere emergono già prima dell’evento e concorrono alla commissione stessa del reato.
Alcuni autori, nel denunciare una carenza della letteratura sul tema, delineano una fisionomia multivariata dell’omicidio commesso da adolescenti, ove fattori biologici, psicopatologici, familiari e socio-ambientali rappresentano il sistema multi-causale che determina il verificarsi degli eventi delittuosi. Il più delle volte la vittima è una persona conosciuta e legata da vincolo affettivo, senza che vi sia da parte dell’autore alcun reale coinvolgimento in carriere devianti o legami con la criminalità organizzata. Gli omicidi commessi da giovani pertanto investono soprattutto la sfera privata delle relazioni parentali, amicali e amorose e si configurano come azioni impulsive, determinate dalla perdita del controllo. Il vissuto legato al reato deve a questo punto tener conto della necessità di confrontarsi con la mancanza di controllo, con gli impulsi distruttivi che hanno prevalso e con la paura che tale relazione possa ripresentarsi. Si può quindi verificare una scissione tra il Sé e l’atto compiuto, come una forma di difesa dell’Io o come rifiuto di assumersi la responsabilità mediante una strategia di “disimpegno morale”.
Come intervenire su questi ragazzi quando entrano nel circuito penale?
Va tenuto in considerazione che devono scontare una condanna che, data la gravità dell’atto, dovrà necessariamente avere carattere detentivo.
Al di là di quanto prospetta il nostro sistema penale minorile, una strada viene indicata dall’affermarsi delle scienze discorsive, con particolare riferimento alle linee teoriche e alle strategie operative delineate dal paradigma narrativistico e internazionalista, che offre una prospettiva di intervento applicabile ai minori autori di reati violenti.
La narrazione è funzionale soprattutto alla definizione del Sé, nella dimensione sia personale sia sociale: nella prospettiva interazionista, il percorso di costruzione dell’identità personale passa inevitabilmente attraverso la dimensione sociale della rappresentazione che gli altri hanno dell’adolescente. Tale metodologia di analisi permette allo psicologo di avvedere alle dimensioni del Sé, contribuendo a costruire un Sé narrativo, in cui il narratore si riflette e si riconosce in senso evolutivo.
Tutto questo, però, non basta, se si tratta di giovani assassini: a volte capita di doversi confrontare con forme di anestesia emotiva, con negoziazioni e banalizzazioni dell’evento, con meccanismi di rimozione, con oppositività eclatante e spostamento della responsabilità.
In questi casi qualsiasi intervento non può non passare attraverso il recupero della propria storia: lavorare sul Sé risulta indispensabile.

PSICOLOGIA CONTEMPORANEA
N. 288 , nov. – dic. 2011
Adolescenti assassini
Una prospettiva di intervento

Rivista disponibile c/o Ce.S.D.A.

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