In Europa e Asia, una persona su quattro con diagnosi di Hiv non sta ricevendo alcun trattamento.
Nell’Unione europea e nell’area economica europea si sono registrati nel 2015 quasi 30 mila nuovi casi di Hiv, 29.747 per la precisione, vale a dire che sono state colpite dal virus 6,3 persone ogni 100 mila, rispetto alle 6,6 del 2006. È uno dei dati emersi nell’ultima giornata della European Aids Conference (a Milano fino al 27 ottobre), che si è focalizzata sulle sfide epidemiologiche.
«Osservando i dati – rileva Anastasia Pharris, esperta dell’Hiv dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) – notiamo come i diversi Paesi applichino i vari strumenti di prevenzione e trattamento in modo molto differente, dalla diagnosi in poi». Il risultato è che la prevenzione e l’incidenza dell’Hiv nella regione europea variano ampiamente: questa disomogeneità «rappresenta la vera sfida per la futura risposta globale europea all’Hiv». Per ridurre il numero delle nuove infezioni, l’Europa, secondo l’esperta, «deve concentrare tutti i suoi sforzi in tre aree principali: dare priorità ai programmi di prevenzione, facilitare la diffusione del test dell’Hiv e, naturalmente, agevolare l’accesso al trattamento per chi è stato diagnosticato».
Stando ai più recenti dati sul continuum of care, l’ECDC in Europa e in Asia Centrale «1,2 milioni di persone vivono con l’HIV, e solo il 75% di queste ha ricevuto una diagnosi» spiega Teymur Noori, anch’egli dell’ECDC. «Tra questi casi diagnosticati – aggiunge – circa uno su quattro non sta ricevendo alcun trattamento. Sebbene il trattamento per l’Hiv sia efficace, due persone su cinque con Hiv non hanno raggiunto la soppressione virale. Questo significa che una percentuale significativa di persone in Europa e in Asia Centrale non beneficia dei trattamenti altamente efficaci per l’Hiv» e che la trasmissione del virus «continua, soprattutto tra le popolazioni chiave».
Anche l’eradicazione dell’epatite C è stata oggetto di attenzione: si stima infatti che, a livello mondiale, 2,3 milioni di pazienti siano coinfetti da Hiv e Hcv, la maggior parte dei quali ha una storia di uso di droghe con siringa. Con l’avvento degli antivirali per il trattamento dell’epatite C, l’eliminazione dell’Hcv è diventata un obiettivo raggiungibile, ma nonostante ciò la percentuale di persone che raggiungono risposte virologiche dopo la terapia Hcv in Europa continua a rimanere bassa.
«Una prima analisi proveniente dai Paesi Bassi – ricorda Jurgen Rockstroh, professore al’uniiversità di Bonn – ha dimostrato che, dopo che il 75% di tutti i maschi con Hiv che hanno avuto rapporti con altri maschi con epatite C è stato curato in seguito alla terapia con DAA per l’Hcv, il numero di nuove infezioni acute da epatite C è diminuito notevolmente, oltre il 50%. Questo evidenzia chiaramente che l’eradicazione dell’HCV è fattibile nella popolazione speciale di individui con co-infezione da Hiv/Hcv. Tuttavia, le disparità di accesso alla diagnostica e al trattamento per l’Hcv in Europa costituiscono tuttora un enorme ostacolo al pieno successo delle strategie di eradicazione. Solo con uno sforzo combinato, che includa tutte le parti interessate dell’arena Hcv – conclude – sarà possibile eradicare l’Hcv entro il 2030, rispettando l’ambizioso obiettivo dell’Oms».
Il sondaggio. Grazie ai progressi ottenuti nel trattamento e nella gestione dell’Hiv, molte persone che vivono con la malattia hanno oggi un’aspettativa di vita analoga a quella delle persone sane. Tuttavia, il sondaggio HIV is: Expectations from Life (commissionato da Gilead e realizzato su 3.245 adulti con e senza il virus in Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) ha mostrato che il 75% di coloro che vivono con l’Hiv si aspetta di vivere meno a lungo dei propri amici e parenti che non hanno il virus.
Stando al sondaggio, rispetto alle persone sane, quelle con Hiv sono più inclini a considerare l’amore e una sana vita sessuale come aspirazioni prioritarie, tuttavia quasi il 40% considera l’Hiv un ostacolo alla possibilità di incontrare potenziali partner, nella maggioranza dei casi (59%) a causa del timore di rivelare l’esistenza della malattia. Inoltre, più della metà (54%) degli intervistati considera l’Hiv un ostacolo ai rapporti sessuali, in prevalenza (87%) a causa della paura di trasmettere il virus. C’è poi una metà abbondante (52%) delle persone con Hiv secondo cui la malattia non è un ostacolo alla formazione di una famiglia, anche se i tre quarti (73%) del restante 48% (per il quale l’Hiv rimane un impedimento) teme la trasmissione del virus al/alla partner o ai figli.