APPELLO PER IL REINSERIMENTO SOCIALE DEI DETENUTI DI FRANCO CORLEONE

“Nelle carceri italiane attualmente vivono 67.500 detenuti, l’obiettivo è cambiare le leggi e arrivare alla detenzione di sole 30.000 persone”. Questo l’ambizioso progetto espresso dall’onorevole Franco Corleone in occasione del Coordinamento nazionale dei garanti territoriali, riunitosi presso la residenza municipale di Ferrara.Approfittando dell’attuale vento di cambiamento che sembra investire il mondo politico, l’appello lanciato da Corleone a nome di chi lavora quotidianamente per la difesa dei diritti dei detenuti è semplice: che il Presidente del Consiglio Mario Monti e il nuovo ministro della giustizia nominino un sottosegretario con delega alle carceri “competente e attento, che si impegni da subito affinché le condizioni di vita nelle prigioni siano dignitose”. La speranza che migliori la drammatica situazione del sovraffollamento, già definita a luglio dal Presidente Napolitano “un’umiliazione per il Paese”, si è abbinata durante la conferenza a una grande propositività.
Gli interventi suggeriti dai diversi garanti presenti, ospiti del rappresentante della realtà ferrarese Marcello Marighelli, hanno delineato un quadro preciso di come si vorrebbe venisse riformata la detenzione, sia nella sua concezione che nella sua attuazione. Innanzitutto è stata richiesta una modifica legislativa: “è assurdo farsi anni di galera per un portafoglio contraffatto” ha commentato Corleone, soprattutto in relazione alla legge Fini-Giovanardi sulle droghe, affinché si distinguano maggiormente le pene a seconda del reato commesso e affinché i tossicodipendenti possano essere ospitati in comunità terapeutiche.
Anche la
legge Cirielli è stata oggetto di contestazione, poiché la recidiva impedisce la possibilità di inserire i consumatori di stupefacenti in progetti alternativi. Si è auspicato poi che si arrivi alla conclusione tempestiva del percorso iniziato con la commissione Marino, relativo al superamento del reparto psichiatrico all’interno delle case circondariali, alla nomina di un garante con funzione nazionale e alla revisione della legge per la detenzione domiciliare.
“Da quando la norma ha iniziato ad essere applicata ha coinvolto solo 3.500 persone – ha specificato Corleone – ma sfruttando meglio i lavori di pubblica utilità ci si potrebbe dedicare seriamente al reinserimento”.
Presente alla riunione anche il difensore civico regionale Daniele Lugli, che ha sintetizzato i valori impliciti a queste richieste: “il carcere dovrebbe essere, come lo voleva il cardinale Martini, un luogo di austera risocializzazione”, espressi anche da Corleone con grande schiettezza: “in Italia si è creduto che il carcere sarebbe costato meno del welfare, ma non è così: la retta giornaliera di una comunità di recupero è meno cara della prigione.
Il carcere deve essere un luogo estremo, destinato a chi ha commesso gravi delitti, non un contenitore di corpi ammassati in modo indifferenziato.
Non possono essere trattate allo stesso modo le persone in attesa di processo, i detenuti per il 41 bis, le donne con bambini”. Da questa considerazione la richiesta di non costruire nuovi istituti o nuovi padiglioni, “per i quali comunque non ci sarebbe abbastanza personale”.

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